Dove all'ulivo si abbraccia la vite

Dove all’Ulivo si abbraccia la Vite
UNA Peregrinazione lepina

Testi e foto di Francesco Ciccone

"Come molti viaggiatori ho visto più di quanto ricordi
e ricordo più di quanto ho visto."
Benjamin Disraeli

Ciccone Appia2

I Preludio

M’incammino, fendendo la tersa chiarità del sogno; alle mie spalle, l’imponente abbazia romanica dona ombra alle colonne tortili del luppolo e della vitalba.

Ciccone Fossanova2
Il flusso dell’Amaseno è rassicurante; sormonto il tracciato della ferrovia abbandonata, oramai invasa da rovi e bisce, linea morta verso il passato in un’epoca senza futuro (rami secchi, li chiamano).
La giornata appare serena, si inspira l’aria benevola e rassicurante della primavera: pioppi, salici e gheppi, custodi volteggianti, accompagnano lievemente il sentiero. Seguendo il corso del fiume arrivo a Priverno dove una signora, intenta nel sistemare la sua catasta di legna, augura «Buon viaggio!».
La chiesa di San Benedetto mi accoglie per una visita fugace, accecando di penombra gli occhi, imbevuti di sole: su pareti dense di affreschi, le belle dame senza pietà porgono il braccio a mistici santi pellegrini, nel giro di una macabra danza. Nell’ora del meriggio, fra i ruderi del monastero di Colle San Pietro (collegato sotterra ad un convento di monache, secondo la saggezza popolare), mi raggiunge il compagno Vincenzo, amico fraterno: percorreremo insieme questa prima tappa, lentamente, tra parole e silenzi. Attraversiamo campi di terra nera ed arboreti in fiore, tra lo sfalcio dell’erba e le ultime potature, frammenti di quotidianità nel primo miraggio dell’estate.

Ciccone Albero

Il tempo sospeso del viaggio avviluppa le tante vite lungo la strada, le rende piene di significato e colma di contenuti il vagare. Vincenzo rievoca i suoi giochi di bimbo, saggiando il sapore della borragine e cucendo vestitini alle fate, con petali di papavero: «Conservo sempre i bulbi di ciclamino; sono in grado di curare tagli e ferite, meglio ancora del tocco magico di un re taumaturgo!».
Le discussioni si inanellano, quando si cammina: dal socialismo reale a Camillo Sbarbaro, dagli anarchici uccisori di re ai canti salmodianti degli antichi viandanti. Siamo alfine giunti, quasi senza rendercene conto, presso il luogo denominato “Sedia del papa”, un trono di roccia che ricorda Sisto V, il quale amava osservare i lavori di bonifica dalla prospettiva del Monte Trevi, nell’istante in cui la luce azzurrognola delle paludi si fondeva con i tramonti della riviera di Ulisse e dell’isola di Eea. Lo stesso crepuscolo ci fa compagnia, e un treno solitario fischia alla sera (Oh! Se potesse solcare la linea morta intravista nella mattinata...). Sezze è ormai vicina: ci attendono alcuni amici, incuriositi da questo nostro peregrinare.
La serata si snoda davanti ad un fuoco confortante, tra formaggi e zuppa, vino, lardo, nonni e bisnonni, suoni di risa... 

Penso che vorrei aver vissuto tutte le case, aver solcato i viali lastricati, aver visto crescere ogni singolo albero, conoscere vecchi e bambini, condividendo con loro sogni e storie.
D’altronde, “un paese vuol dire non essere soli”.


II. INTERMEZZO

Risveglio lento nella domenica di festa: un caffè delizioso con il buon Vincenzo, poi il congedo; da qui in poi proseguirò da solo.

Mi avvio, con il sole già alto, verso l'altopiano: si abbandonano con lentezza le contrade e la strada diviene più stretta, fra gli aromi della mentuccia e del rosmarino.

Ciccone Piedi

Le scarpe, compagne fedeli di una vita, guidano i passi, tra baracche, sassi e acquitrini. Il monte di Circe è disteso in lontananza e gli Ausoni appaiono blu, come se l'alba si fosse protratta. Mi allontano dal sentiero virando a Nord, alla volta della vetta della Trinità, seguendo piste di animali, fra rovi e pietraie: la stramma si intreccia al lentisco, ed io riposo sui prati verdi della sommità assaporando fichi secchi, viatico sempre ben gradito, ricevuto in dono da una vecchiarella di Roccagorga.

I monti Volsci, memori di una grande storia, sono terra di confine tra i residui di una civiltà agropastorale e la minoranza di una cultura cittadina che li sta riscoprendo. Il silenzio aiuta a pensare, il vento tra le fronde genera un concerto, simile al fluire di un torrente; il bosco vive di vita propria, mentre un piccolo osservatore attraversa in punta di piedi scenari da tempo dimenticati, resi vivi da rocce muschiate e grandi querce: la nuova stagione è alle porte, i segni dei fulmini sono una cicatrice ancor viva negli alberi che si ridestano.


III. ANDANTE CON MOTO

"Mai ho tanto pensato, tanto vissuto, mai sono esistito e con tanta fedeltà a me stesso, quanto in quei viaggi che ho compiuto a piedi e in solitudine..."
Jean Jacques Rosseau, Confessioni

Notte di pioggia scrosciante.
Cosa fare alle prime luci dell'aurora? Partire o indugiare? Scelgo la prima ipotesi.
La Semprevisa svetta, avvolta fra le nuvole; passo dopo passo la pioggia diviene più cattiva: in pochi istanti il mantello verde in cui sono avvolto è già intriso d'acqua. Ciccone Semprevisa
Eppure io voglio andare a salutare l'inverno, nonostante il timore che la visione temporalesca incute; non so perché, ma ho la certezza che a breve smetterà.
E difatti, appena entrato nel bosco di lecci, le uniche gocce sono quelle degli alberi grondanti.

Ciccone Semprevisa2

I colori sono vivi, la montagna deserta. Il silenzio è rotto solo dal gracchiare delle cornacchie e dallo scorrere di un ruscello, in lontananza.
L'aria è densa, la bruma avvolge le chiome e si avverte, attutito, il canto degli uccelli; per un attimo mi sembra di scorgere le prime sfumature della primavera, nuovi riflessi tra le false foschie o festanti iridescenze di alberi in fiore.
Ma la frontiera tra le stagioni è labile e le nebbie dei tempi avvolgono improvvisamente Campo Rosello, conferendo al pianoro un'aura quasi d'oltretomba. Intravedo un bastone, deposto su un grande tronco di carpino: sembra quasi stia lì ad aspettarmi. Aldilà del contorno della sella le immense faggete nascondono l'ultima neve dell'inverno, oramai in ritirata fra crochi e stelle del mattino.

Mi piace la montagna, luogo di resistenza.
Adoro camminare lentamente, ma con passo deciso.
Amo gli incontri estemporanei, lungo il percorso: viandanti con cui fermarsi a ragionare di falchi e variazioni di rotta, condividendo pane, salame e cioccolata; studiosi del libro-paesaggio che appuntano tutto, con meticolosità d'altri tempi, su piccoli taccuini; e quel pastore archetipico, in grado di riconoscere dall'odore la provenienza dell'acqua, che se ne andò sentenziando: «La migliore è la Fonte del Sambuco!».


IV. ADAGIO MA NON TROPPO

“Gli amici non gli erano mai mancati e poteva contare su una calorosa accoglienza quasi in ogni cittadina e contrada. Con occhi sfavillanti, Knulp percepiva ogni cosa: il gioco del sole di febbraio, la quieta pace della casa, con la compiaciuta pazienza di chi non ha problemi di tempo e ha imparato a vivere guardando e ascoltando...”
Hermann Hesse, Knulp

Mi sembra sempre di dormire tantissimo; mi sveglio riposato, avvolto nella nebbia dei sogni, in una casa dai mille riflessi di colore, ospite di buoni amici artigiani.
Tisana calda con infusione di zenzero e cardamomo, edulcorata con miele di castagno: ridesta i sensi e mette forza; qui tutto sembra avere un senso e la vita scorre felice, tra bambini che crescono e piccoli gesti quotidiani.
Le ultime braci illuminano il fondo della stufa... Che bello potersi rimettere in cammino con calzini asciutti e scarpe non umide!

Ciccone Fuoco

Abbraccio Sermoneta attraverso il tracciato delle possenti mura traboccanti di capperi, la stessa via che nelle notti di maggio è illuminata da un tripudio di lucciole in festa.
Costeggio il lavatoio comunale, trovandomi ben presto nel regno dei muretti a secco in cui gli ulivi, remoti sovrani, hanno lasciato il posto ad alberi ormai troppo scomodi per coglierne i frutti.
Dinanzi a me si apre una selva, a mezza costa, divisa fra la macchia mediterranea e la vegetazione appenninica: un portale naturale mi introduce ad un tappeto di foglie sul quale spuntano ranuncoli e ciclamini, prima di essere avvolto dall'edera e dalle felci.
I boschi delle Alpi sono immense cattedrali, quelli dell'Appennino piccole abbazie... Il cielo terso e l'aria pungente danno quasi l'impressione di poter accarezzare le isole lontane, ormeggiate nelle acque.

Ciccone PianuraPontina

Nei pressi di un mirteto scorgo un vecchio eremo cadente; un piccolo agrumeto, piantato chissà quando, si offre come riparo per osservare il sole a picco sul mare degli ulivi. Di lungi, un'antica torre, stazione di posta e crocevia dell'Appia-Pedemontana. Mi siedo su un seggio di pietra, in compagnia di una salsiccia di fegato alla Knulp, sorseggiando l'idromele del solstizio d'inverno.

Ciccone Sermoneta

La quiete è interrotta da un soffuso e cadenzato colpo di accetta, che sembra scandire il cambio di inclinazione delle ombre. Mi avvicino al rumore, con discrezione, seguendo la bussola uditiva. Alla mia vista compare un anziano signore: «C'è una sorgente da queste parti?», gli chiedo. Mi fa cenno di seguirlo, tra la vite e gli alberi da frutto, lasciandomi sotto al pergolato dove la moglie si accinge a pulire la verza. Dopo qualche minuto esce dalla cantina, seguito da una gallina, con due bottiglie in mano: l'acqua fresca, il suo buon vino...
Ogni mondo ha una sua sacralità; il viandante la sfiora, nella speranza di non violarla. «Fai bene ad andare», mi dice, prima di salutarmi. «Ripeto sempre questa frase ai miei nipoti: “Se vi trovate in dubbio riguardo al rimanere o meno a casa, vi consiglio vivamente di uscire: sicuramente, qualcosa di bello, accadrà!”». 

Ciccone Cori


V. ELEGIA

E tu sai che nel lungo viaggio che ti attende, quando per restare sveglio al dondolio del cammello o della giunca ci si mette a ripensare tutti i propri ricordi a uno a uno, il tuo lupo sarà diventato un altro lupo, tua sorella una sorella diversa, la tua battaglia altre battaglie, al ritorno da Eufemia, la città in cui ci si scambia la memoria a ogni solstizio e a ogni equinozio...
Italo Calvino, Le Città Invisibili

L'odore del pane, diverso in ogni paese, mi guida per i vicoli di Cori, fra templi romani e affreschi quattrocenteschi. Rivedo la signora Lucia, intenta a fumare la pipa, mentre sfoglia i Quaderni del carcere nel cortile della biblioteca; l'ambiente è libero ed egalitario, aperto e senza pregiudizi, punto di unione tra studenti giovani e vecchi pensionati, antichi abitanti dei monti e generazioni nuove di immigrati, dove l'approccio intellettuale e quello pratico possono viaggiare su binari paralleli.

Ciccone Cori2

Mi accomiato dai custodi dei tomi percorrendo la grande piazza, teatro di concerti alla luce delle stelle estive, nelle lunghe stagioni dell'infanzia... Nel momento in cui riaffiorano le sinestesie della memoria, una giovane fornaia mi si para davanti, grande cuffia e pizza appena sfornata:
«Mi ricordo di te. Andavi a piedi lungo la consolare, qualche mese fa; mi hai chiesto un'informazione e abbiamo parlato. Tieni! Questa è per il tuo viaggio».
Il pan di via rinfranca l'animo, mentre abbandono il borgo benedicendo gli spiriti del cammino: la quieta strada di campagna lambisce sanguinanti caselli ferroviari murati, alle pendici del monte Lupone.

Ciccone 127

Un grande cane nero infrange la mia solitudine, affiancandomi per un breve tratto (non so se attratto maggiormente dal mio canto o dalla prospettiva di condividere qualche briciola).
Una longeva Fiat 127, probabilmente diretta al frantoio, traina un carretto stracolmo dell'oro raccolto in questa terra; mi tornano alla mente quei pomeriggi trascorsi sui rami, raccogliendo i frutti nell'orto degli ulivi di Eugenio, amico tra gli amici; una volta, nella luce del tramonto che filtrava tra le foglie, il vecchio pastore Eligio uscì dal silenzio del suo autunno per rievocare un'estate incantata narrandoci di quando, intrepido, prese le mani della sua bella e le guidò nella danza del latte cagliato, insegnandole a fare il formaggio, con amore lieve.

Ciccone Giulianello
Oggi l'atmosfera è un po' diversa: la pioggia incostante rende deserto il luogo e alcuni fiori appena spuntati, di cui non conosco l'origine, inebriano l'aria bagnata. Mi avvicino al confine settentrionale dei Monti Lepini, verso le ultime colline sinuose; sotto, un piccolo lago nascosto, palcoscenico di splendide feste dove la cultura popolare è intrisa nel tessuto atavico della comunità, tra musici erranti, poeti in ottava rima, arcaici canti, sonorità ancestrali, bazzoffia ed erbe spontanee...
E noterai un giorno, contando i tuoi passi, che di miglia ne hai quasi abbastanza, ma di storie da ascoltare mai a sufficienza.

Ciccone Campoleone


VI. FINALE

E la fine di tutto il nostro esplorare sarà arrivare dove siamo partiti. E conosceremo il luogo per la prima volta.
Thomas S. Eliot, Quattro quartetti

Quante stagioni accompagnano i nostri passi? I glicini nella loro pienezza, i papaveri ai margini della ferrovia, la vite americana abbarbicata sui muri, il fruscio tra i faggi di montagna, con la neve che crepita sotto ai piedi...

Nel frattempo, si scorgono i primi bagliori di Roma: gabbiani, ville in decadenza, resti di esedre, torri svettanti, pecore che brucano fra l'acquedotto e l'autostrada.

Ciccone Appia
In questo momento vorrei dilatare l'arrivo: mi siedo, scruto il tempo mutare, alla ricerca di una visione d'insieme con cui osservare più umilmente il mondo.


Il testo è stato pubblicato negli atti del congresso: Biodiversità dei Monti Lepini

a cura di: Luigi Corsetti, Claudio Angelini, Riccardo Copiz, Marco Mattoccia, Gianluca Nardi

Il testo è stato premiato al Premio Piemonte Letteratura 2016 con la motivazione:
"Una narrazione di andamento circolare che rappresenta un percorso reale (e, nel contempo, di edificazione interiore) fra natura, arte e tradizioni. L'Autore pare procedere per incantamento in oniriche rievocazioni. È un concerto vero e proprio in una prosa poetica stilisticamente impeccabile, con echi letterari di pregio, che sgorga da una penna raffinata ispirata da una mente colta."


Dalla narrazione è stato tratto un video, disponibile su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=PwVWyv0lEG8

Voce narrante: Dario De Francesco;  Violino e Viella: Francesco Ciccone; Montaggio: Luca Cardello

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da un'idea di Marco Mastroleo

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