Giorno 2: L’acqua

SECONDA PARTE

Sono seduti sui gradini di fronte alla Chiesa di Le Forna, il sole comincia a calare, Michele ed Aurelio hanno appena finito di raccontare della loro scelta di vita quando Gennaro, un pescatore, gridando corre incontro al gruppo e gli chiede di seguirlo. Ché al largo, verso Palmarola, c’è una cosa da vedere. Un fenomeno stranissimo. Una cosa mai vista prima. Il mare è diventato verde, ed è pieno di cose strane, sembrano mostri alieni! 
Il gruppo scende lungo il sentiero, Michele ed Elena in testa, di corsa davanti a tutti. Quello che i pescatori hanno annunciato è “mestiere” loro!

Elena Marechiaro, biologa marina arrivata sull’isola perché attratta dal Progetto Clorofilìa, è una sognatrice, un idealista, oltre ad essere una scienziata famosa in tutto il mondo per i suoi lavori sulle capacità rigenerative degli ambienti naturali.
A Ponza è andata proprio per questo: partecipare al progetto era l’occasione per mettere in pratica tutto quello che aveva studiato. Un mare da usare come laboratorio. 
Eccoli lì, Elena e Michele, che corrono verso le piscine naturali di Cala Feola. Con gli occhi che brillano come quelle dei bambini, che li seguono a ruota. 
Arrivati alla cala, già da lontano, si accorgono che il mare è verde, di un bel verde, un verde speranza. Ed il loro respiro si fa più intenso. Gennaro, in poche parole, glielo aveva già annunciato, ma vederlo è un’altra storia. 
Prendono la loro barca, accendono il motore elettrico, che non fa nessun rumore; si sente solo il suono dell’acqua che sciaborda lungo le pareti dello scafo. La manovra Michele, Elena è troppo emozionata, si sporge dalla prua per vedere da vicino, per prima, quello spettacolo. Se sarà uno spettacolo...
E finalmente arrivano al largo, nei pressi di quella enorme chiazza verde che riempie il mare tra Ponza e Palmarola.
Michele ferma la barca, la lascia andare alla deriva. Si siedono, raccolgono campioni di quella grande macchia verde. Li esaminano, si guardano in faccia. Il cuore ormai gli batte talmente forte che sentono solo quello. E, inaspettatamente, entrambi, contemporaneamente, cominciano a piangere. Si abbracciano, sorridono, e piangono. Poi ridono, ridono di gusto, ridono col cuore, e di nuovo piangono, singhiozzano addirittura. E rimangono lì, imbambolati, a godersi quello spettacolo incredibile.

Sopraffatti dall’emozione, si sdraiano sul fondo della barca e continuano a piangere. Fino a che il cielo comincia a tingersi di rosso.
È ora di tornare a riva. 

Ormai tutto il gruppo è arrivato a Cala Feola. Hanno cominciato a prepararsi per la notte. Il campo viene allestito sopra le piscine, tra i cespugli e gli alberi. Alcuni, gli adulti, decidono di dormire all’addiaccio, il tempo lo permette.
Appena la barca si avvicina alla Cala, i bambini si ammassano sulla riva. Elena, la zia Elena, la zia che sa tutto di tutti gli animali e che quindi viene tartassata di domande, continuamente, in quel momento non è la Elena di sempre. È diversa dal solito. Ed i bambini queste cose le sanno, le capiscono al volo. Hanno dei chemiorecettori speciali per queste cose! La vedono lì, in piedi sulla prua della barca, con gli occhi gonfi e lo capiscono, che quella sera Elena sarà la bambina più piccola del gruppo. Quando scende dalla barca, le corrono incontro e la abbracciano, la tengono stretta stretta e le accarezzano la schiena, dolcemente.

— Bambini, stasera la storia della buonanotte ve la racconto io. Preparatevi e mettiamoci qui a guardare il tramonto, sogniamo insieme.

Quando ho cominciato a studiare gli animali, quelli che mi affascinavano di più erano i mammiferi, eleganti o soffici, simpatici o terribili che fossero. Il mondo dei mammiferi è incredibile, perché lo sentiamo vicino al nostro. In fondo, un cucciolo di leone somiglia ad un gatto ed un elefante è una grande capra con la proboscide. E tutti loro, un po’, ci ricordano qualcosa di noi stessi. 
Però poi, studiando e studiando, ho scoperto che la terra può anche fare a meno dei bellissimi canguri o degli orsi polari. Può anche fare a meno di noi uomini. La vita può andare avanti anche senza i mammiferi.
Invece, quello di cui la vita sulla terra non può proprio fare a meno, l’indispensabile, è “invisibile agli occhi”, ed ha a che fare con il mare. Per questo sono diventata una biologa marina!
Da piccola passavo tantissimo tempo a fissare il mare. Mi piaceva guardare le onde o semplicemente la linea dell’orizzonte. E mi sono sempre chiesta cosa ci fosse al di là di queste, lì dove il nostro sguardo non arriva. Il mare mi ha sempre dato la possibilità di sognare, di fantasticare. Un po’ come fa Francesca con i suoi pirati. Poi, crescendo, ogni volta che scoprivo qualcosa di diverso, che studiavo un nuovo argomento, tornavo al mare e lo guardavo con altri occhi: un enorme bicchiere pieno d’acqua, una mega strada su cui navigare per raggiungere luoghi lontanissimi, oppure semplicemente un gigantesco acquario nel quale incontrare animali sempre differenti. Alla fine, dopo un sacco di anni, ho maturato una mia visione. Un modo tutto mio di guardare a questo blu.
Avete mai visto quei giocolieri che fanno spettacoli usando le bolle di sapone giganti? Riescono a creare immagini incredibili gonfiando una sfera dentro l’altra e facendole volare insieme! L’ho sempre trovato molto affascinante. È un’idea così “fluida” della realtà!
Ognuna di quelle bolle, però, da sola non avrebbe lo stesso senso e valore che ha quando è insieme alle altre, quando si interseca con le altre! Quello spettacolo non sarebbe altrettanto affascinante se le bolle non si incontrassero, non si toccassero, non si sovrapponessero. E il segreto è proprio in questo: nella relazione fluida tra quelle bolle, in cui ognuna è “al servizio” dell’altra, dandosi senso e valore reciprocamente e dando senso e valore al loro insieme.
Ecco, il mare lo immagino così: una bolla in relazione con altre bolle. E queste bolle hanno un nome, secondo la scienza. Il mare e le altre acque presenti sulla terra si chiamano idro-sfera. Lito-sfera è la bolla delle rocce della terra; atmo-sfera, la bolla di aria, acqua e gas che circondano la terra e la rendono vivibile; bio-sfera, la sfera della vita, che le attraversa tutte e le tiene unite donando colore e vivacità a questo spettacolo fluttuante...
E, senza il mare, senza l’acqua, senza l’idro-sfera, la bio-sfera non potrebbe esistere. Se non ci fosse il mare non ci saremmo neanche noi. Nei pianeti senz’acqua la vita non si sviluppa. Ed è quindi da lì che discendiamo tutti, dal mare. E per questo lo amo. Per questo il mare è la mia vita.
Ho scoperto che, come in una lunga catena, tutti gli organismi viventi sono legati all’acqua. La biosfera, la vita, per “essere” ha bisogno del carbonio. È lo scambio di carbonio tra litosfera, idrosfera ed atmosfera che permette la vita. Uno dei trasportatori più efficaci e più antichi del carbonio è il plancton, quei minuscoli, microscopici organismi che vivono nelle acque. Quindi, tutti gli organismi viventi dipendono dagli organismi più piccoli e sottovalutati! Il ruolo del plancton è fondamentale per la vita sulla Terra, è alla base della catena alimentare. L’esempio più famoso è quello delle sardine. Le sardine mangiano il plancton, tutti i predatori mangiano le sardine: i delfini mangiano le sardine, gli uccelli pescatori mangiano le sardine, gli squali mangiano i pesci predatori, le orche mangiano i pinguini che mangiano le sardine eccetera… Anche gli uomini mangiano le sardine, e i pesci che le hanno mangiate… 

— Elena, tutta ’sta storia quando ti bastava cantare “Alla fie-e-ra dell’Est, per due soldi…”.

— E dai, Michè… Abbi pietà per le nostre orecchie! 

— Vabbè, vi risparmio. Ma non fatemi arrabbiare, ché riattacco!

— Però ha ragione, è così. Senza il plancton la fiera non si fa... Bravo, bell’esempio!

— Zia, ma che significa plancton?

— A cantare sono una capra ma di biologia me ne intendo. Ve lo spiego io!

“Plancton”, in greco antico, significa “vagabondo”, ma gli organismi che lo compongono, pur avendo un corpo denso quasi quanto l’acqua e  “galleggiando” benissimo, si muovono poco. È l’acqua che li trasporta in giro per il mondo. E quella del Plancton è una grande famiglia…  Una grande famiglia che include anche  il fito-plancton, cioè gli organismi unicellulari progenitori delle piante terrestri. “Fito” in greco significa pianta. Ieri Aurelio ci ha raccontato che, senza le piante, non ci può essere vita sulla Terra. Ecco, le piante discendono dal fitoplancton, che è verde come le piante! Quindi, si può dire, che il fitoplancton è il padre della vita sulla terra! Vai Elena, ti ripasso il testimone…

 — C’è anche un altro aspetto, il più importante. Il fitoplancton si chiama così perché, come le piante, fa la  fotosintesi. Anzi, se vogliamo essere precisi, è proprio il fitoplancton che ha “inventato” la fotosintesi,  grazie alla quale l’anidride carbonica ed i carbonati presenti nelle acque — il carbonio “inorganico” — vengono trasformati in carbonio “organico”, cioè in zuccheri. Gli zuccheri alimentano il fitoplancton, che aumenta la propria "biomassa" e, da qui, questo "cibo" viene trasferito agli animali marini: il fitoplancton viene mangiato dal plancton animale, che viene mangiato dalle sardine e così via, come abbiamo detto prima. Insomma, alla base della catena della vita c’è il fitoplancton!

Questo, al contrario delle piante, che immagazzinano l’anidride carbonica nel legno e nelle foglie, la rimette subito in circolo, creando la vita. È la cosiddetta “pompa biologica del carbonio”. E non è ancora finita! Facendo fotosintesi, il fitoplancton arricchisce l’acqua di ossigeno. Da qui l’ossigeno passa nell’atmosfera. Dunque, l’ossigeno che respiriamo proviene sia dalle piante terrestri che dal fitoplancton.

— “Alla fie-e-ra dell’Est…”.

— Michele, avevi promesso! Continua Elena, perdonalo! …

— Una volta morti, i microrganismi che compongono il plancton precipitano, portando in fondo al mare grandi quantità di carbonio, che non va nell’atmosfera ma si immagazzina in fondo al mare e diventa sedimento, fissandosi lì. 

— Capite perché oggi mi sono emozionata così tanto? Se manca il fitoplancton, questa catena che permette la vita si ferma. Ma oggi, in mare, ne ho visto tanto! Qui, davanti ai nostri occhi, ho visto la speranza! Ed è verde, verde come ogni speranza che si rispetti. E si chiama fitoplancton!

— Ragazzi, vedete… Come vi raccontavo prima — avete presente? Quando mi sono “attaccato” con la farmacista… — negli ultimi anni stavamo vivendo un processo terribile per il Pianeta, quello che abbiamo chiamato “riscaldamento globale”.

Nell’atmosfera si era accumulata molta anidride carbonica, che ha creato il cosiddetto “effetto serra”. La temperatura dell’atmosfera si è riscaldata e, di conseguenza, si sono riscaldati anche i mari…

— E siccome è proprio lo scambio di calore con l’atmosfera che fa partire le correnti marine, alcune correnti “verticali”, che portano i minerali dal fondo del mare verso la superficie, si erano rallentate. Quindi il fitoplancton aveva sempre meno da mangiare e stava diminuendo, velocissimamente. Si stima che dal 1940 al 2020 fosse diminuito quasi del quaranta percento!

— ’Na catastrofe… 

— Mentre tutto il mondo parlava di diminuire le emissioni di anidride carbonica per rallentare il riscaldamento globale ed i botanici urlavano che bisognava salvare le foreste, noi biologi marini ci sgolavamo nel dire che bisognava salvare il fitoplancton, che quella doveva essere una priorità assoluta… 

Qui, con il Progetto Clorofilìa, con Spazzolo e con gli altri robot creati da Arianna e da Gino, abbiamo provato, nel nostro piccolo, come se questo pezzo di mare fosse il nostro laboratorio, a riattivare il ciclo vitale del fitoplancton. Abbiamo studiato i fondali, studiato le rocce, le correnti; abbiamo scavato nei porti, pulito, filtrato le acque del mare, abbiamo limitato il traffico di navi e barche, abbiamo fatto tutto ciò che era possibile, per più di dieci anni… Ed oggi, finalmente, eccolo lì il nostro miracolo… Il miracolo di questo mare che ha ripreso a respirare… Quella macchia verde di fitoplancton. Una bellissima fioritura, che ci fa sperare, come i fiori sugli alberi a Primavera…

— Zia, quindi, cosa potrebbe succedere ora?

— Nei prossimi mesi potremmo vedere aumentare i pesci azzurri come le alici e, forse, torneremo a vedere i delfini, numerosi come erano un tempo intorno a quest’isola e, ora sogno ad occhi aperti, le balene… Che bello sarebbe vedere le balene qui…

— Wow, le balene!

— E le foche, zia?

— Per le foche ci vorrà qualche anno in più. Sono più… “delicate”, ecco.

— Stanotte voglio sognare le balene, zia, o almeno i delfini… 

— Certo, Luca. Sarebbe bellissimo.

— Sì, meglio dei pirati, almeno se sogni le balene non distruggi la tenda come ha fatto Ettore stamattina!

— Ah ah, giusto! Buon sogno di balene a tutti, allora. Buona notte bambini.


Marco Mastroleo, Latina 20/01/2021

con la revisione editoriale di Gioconda Bartolotta

Se questo capitolo vi è piaciuto, vi aspetto la prossima Domenica per il Capitolo 6 (il programma completo delle uscite è su www.clorofilia.org).

Se non volete aspettare le prossime uscite e volete subito sapere come andrà a finire questa storia, scrivete una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. per acquistare il libro intero in formato e-book.

Oppure cliccate "mi piace" sulla pagina Facebok https://www.facebook.com/passeggiando.info per rimanere sempre aggiornati sulle vicende di Clorofilia.

Ringraziamenti:

Grazie a Giulia Santoro per il supporto ed i consigli.

antropologia, teleologia, ecologia, piscine naturali, ponza

  • Visite: 541

da un'idea di Marco Mastroleo

per maggiori informazioni, contattaci su Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Questo sito utilizza cookies di raccolta dati, utilizzando i servizi si acconsente all'utilizzo delle tecnologie descritte nella Politica sui cookie per la raccolta di Dati personali e Dati non personali e la memorizzazione di informazioni sul vostro dispositivo o browser Web secondo le modalità descritte nella pagina dedicata.