Di Scuola e di Vita, il diario del Prof Maulucci

Di scuola e di vita.

A proposito del libro di Giorgio Maulucci, Confesso di avere insegnato

Di Marco Mastroleo

Amo follemente la scuola! 

È sempre stato il luogo nel quale mi muovevo meglio, nel quale potevo e sapevo esprimermi, sono un fan dei banchi, delle cattedre, dei teatri, delle palestre fetenti e delle scale affollate all’ingresso e all’uscita. Non ho mai perso, mai, l’occasione di partecipare a mostre, recite, musical, giornalini, tornei… carri di Carnevale (sì, a scuola ho fatto anche quello, da buon massafrese!)... E quindi, non potevo perdermi l’occasione di raccontare “confesso di aver insegnato”, un libro di Giorgio Maulucci. 

Con Passeggiando sto provando a dare una voce, un volto e una storia da raccontare ai luoghi che ci circondano. Bhé, la Scuola, come luogo narrante, è sempre stata una grande dimenticata. Ai miei tempi (perché è da un po’ che non lo sento dire) si diceva: Ah, se questi muri potessero parlare… !
Esatto! È proprio questo lo spirito, dare voce ai muri. E le scuole ne hanno davvero tante, di storie da raccontare. 

Come quella volta in cui, racconta Maulucci:
“Un bel giorno arrivò una nuova impiegata di nome Venere, si aggiungeva a colleghi dai nomi altrettanto celebrati sommando i quali e variando gli addendi il prodotto risultava inequivocabilmente... classico.  Eppure l'equivoco si verificò, imbarazzante e divertente nello stesso tempo. Una mattina ricevo un ingegnere della Provincia per dirimere una questione strutturale riguardante l'Auditorium e la biblioteca a proposito della quale era opportuno interpellare la bibliotecaria. Chiesi di Cleopatra, mi risposero che, momentaneamente, era scesa da Cesare (un ausiliario), rivolgendomi al primo a portata di mano: "Per favore Antonio, recuperami Cleopatra, mi dicono che è andata da Cesare”.
L'ingegnere mi guardò perplesso sospettando di essere preso in giro, poco dopo, appurò che si trattava di soggetti realmente esistenti ed operanti a scuola. Compiaciuti del godibile intermezzo, chiarito all'istante il problema riguardo alla biblioteca, gli rappresentai la necessità di praticare un'apertura nel piccolo ambiente destinato a cabina di regia su di un lato del palcoscenico per consentirne la visuale, sentenziò che non era possibile trattandosi di muro portante. Il problema fu bellamente risolto da Peppino (marito di Teodora, altro valore aggiunto), da provetto carpentiere nei suoi anni di lavoro in Svizzera smenti l'ingegnere proponendo di intervenire salvo a non intaccare le anime di ferro nel cemento armato.”

LiceClassicoLatina

Liceo Classico Dante Alighieri di Latina

Ma il libro non racconta solo storie di scuola, in maniera diacronica percorre anche la storia della città di Latina, dagli anni ‘50 ad oggi e, tra un aneddoto e l’altro, si può sbirciare tra le fessure dei racconti e vedere Latina “crescere”.

A proposito degli anni ‘50:

“… luoghi familiari e rassicuranti. La prima e unica scuola di infanzia, l'asilo con le suore di S. Marco - le "cappellone", copricapo con svettanti ali inamidate - dove molti della mia età ricordano orgogliosi e felici di aver vissuto le ore migliori della loro infanzia; la Scuola Elementare di Piazza Dante, la Scuola Media in un'ala dell'omonimo Palazzo M con l'Istituto Magistrale al centro, il Ginnasio-Liceo "Dante Alighieri" nell'altra ala. Per noi giovinetti il riferimento della M a Mussolini era puramente casuale, poco o nulla sapevamo dell'origine e del valore degli edifici di fondazione o storici della città; sapevamo, certo, che era stata voluta e fondata dal duce, chi fossero i fascisti e i comunisti. Non ci rendevamo ancora conto, però, degli scempi edilizi iniziati a partire dagli anni Sessanta, quando in nome di una sommaria cancellazione dei fasti del Ventennio, in realtà, di una conclamata ignoranza e scellerata frenesia speculativa, furono demoliti edifici di fondazione di gran pregio. Nel 1962, l'originaria Casa dell'Agricoltura o del Contadino (architetto F. Di Fausto 1938) demenzialmente abbattuta per costruirvi un anonimo e grigio falansterio; a seguire, l'amputazione di un'ala del palazzo della Posta - l'elegante scaletta sottesa da un armonioso arco dove eravamo soliti giocare a nascondino (architetto A. Mazzoni, 1932) sostituita da un orrendo parallelepipedo in calcestruzzo armato, giustificato dalla pretestuosa necessità di ampliare gli uffici. La sparizione di quelle costruzioni è a tutt'oggi testimonianza della incultura e mancanza di senso estetico, da un lato, di una mentalità proto speculativa di palazzinari che hanno deformato la fisionomia di una città che avrebbe potuto vantare il primato e privi legio di "città ideale”. Di un centro turistico e balneare invidiabile, non fosse avvenuto lo scempio selvaggio della marina, che, allora, voleva dire Foce Verde. Allegro, a volte rocambolesco, l'arrembaggio mattutino di una folla festosa di grandi e piccoli con l'assalto alla diligenza (la corriera) per assicurarsi il posto sia all'andata sia al ritorno.”

E degli anni '60:

“Disco VERDE

Dal punto di vista formativo ed esperienziale, tra la libreria Raimondo e Musica Radio si colloca la storica "Casa del disco" di Danilo, in certo senso la mia "Casa Ricordi”. Inizialmente, si trovava sotto casa, accanto al portone d'ingresso, dunque, vi entravo ed uscivo a tutte le ore. Carlo (Musica Radio) era il commesso e consulente esperto e attento dei clienti. Danilo se ne intendeva, sempre aggiornato, l'unico in città a essere fornito di etichette discografiche di pregio …”

Tutto il libro è accompagnato da “fotografie” che raccontano di teatro, cinema e musica, sempre presenti anche nei racconti di vita vissuta. Si tratta di “chicche” da non perdere per chi ama questi mondi:

“... la bislacca "Tintarella di luna” (stesso anno) urlata, sincopata e singhiozzata da Mina. Un'estate, per caso, l'ascoltai dal vivo, a Porto Civitanova Marche, fulminato da quella ragazzona dai movimenti e gesti sussultori ed ondulatori, a buona ragione ribattezzata "la tigre di Cremona"; qualche anno dopo la rividi al Circeo, in una "Bussola" altra da quella ben nota. Decollata a cielo aperto sull'Italia cantando a gola spiegata quel poetico cielo immaginato da Gino Paoli …”

“la Ekberg era decisamente vistosa, anche lei come la Girardot a fior d'acqua. Nella celebre scena di seduzione del bel Marcello mi sembrò una donna angelicata, al di sopra di ogni scandaloso sospetto, venuta a Roma per mostrare innocentemente il suo seno e la sua sensualità. In una pausa riuscii ad avvicinare Fellini, che fu gentile; gli dissi di Foce Verde, mi sorrise compiaciuto, spari in fretta senza darmi il tempo per l'autografo. Andai a vedere il film a Nettuno - a Latina le prime visioni tardavano ad arrivare in un cinema affollatissimo e affumicatissimo, posti in piedi, i commenti tra i più disparati, il più rumoroso e insistente: “Nun ce se capisce un cazzo" contrappuntato da: "A bona!". …  Nel 1961 Pasolini gira "Accattone”, il suo primo film, debuttando come regista e cineasta già sui generis, uscito in concomitanza con la pubblicazione di uno dei suoi libri di poesia più intensi, "La religione del mio tempo". Ad "Accattone" seguiranno "Mamma Roma" con Anna Magnani, l'episodio "La ricotta" (in "Rogopag"). Tre film non solo di rottura ma di sconvolgente bellezza e autentica avanguardia, dunque, scandalosi e perciò guardati con sospetto e ostilità dall'Italia bigotta e paesana. Nello stesso anno mio padre inviava alla Agenzia Ansa, "Corriere della Sera" e "Gazzettino del Lazio" una notizia sensazionale: il già famoso scrittore e regista Pier Paolo Pasolini, sceso da una macchina presso un distributore in un negozio di alimentari di benzina, a San Felice Circeo, entrava in un negozio di alimentari minacciando con la pistola il giovanotto Bernardino De Santis - dietro il bancone - intimandogli di consegnargli l'incasso. Questi sporgeva denuncia contro il rapinatore presto identificato, condannato (nel 1962) a quindici giorni di arresto, amnistiato in appello. Uno strano caso che diede adito a un'infinità di congetture, soprattutto, per il credito dato dai carabinieri, poi, dal giudice al fantasioso racconto del testimone, paradossalmente cinematografico, gli uni e l'altro all'unisono in sintonia con il pregiudizio e l'avversione della italietta nei confronti di Pasolini. Ciononostante, in uno dei vari articoli sul fatto, mio padre commentava: "Sia nella zona di San Felice sia nel capoluogo sono rimasti in pochissimi tra l'opinione pubblica a credere alla drammatica rapina per procurarsi un paio di mila lire". Fu proprio durante il processo, a Latina, che vidi per la prima volta Pasolini. Mio padre lo avvicinò, imbarazzato lo salutai.”

E, non mancano, passaggi in cui storia del Cinema e del Teatro e storia della Città si incrociano.

“Ero a conoscenza che l'amico Franco Barbaresi, noto architetto in città, non estraneo al mondo del cinema (conosceva Fellini), aveva scritto la sceneggiatura per uno dei film girati da Vittorio Storaro abbinati ai volumi d'arte "Roma imago urbis” a cura della Zecca dello Stato. Perché non presentare al Liceo un prodotto di tal riguardo in cui era coinvolto un nostro concittadino e magari invitare Storaro? La macchina, grazie a Franco, fu messa immediatamente in moto. Perfezionato l'Auditorium nei primi, indispensabili accorgimenti (dopo le quinte lo schermo), fu contattato Storaro, pose una condizione: proiezione solo in pellicola (35mm) … Arrivò il gran giorno anzi, la grande serata con un parterre da Scala di Milano, rituale saluto del sindaco della città (Ajmone Finestra) il quale, estroverso ed immaginifico qual era, nel suo entusiastico saluto chiese al "fotografo" Storaro di fare qualche bella fotografia alla sua città (!).”

“Senza essere fatalisti sarà stato scritto da qualche parte che Latina dovesse essere il luogo di elezione della mia attività nella scuola, teatralmente e cinematograficamente conformato. Gli anni Ottanta l'hanno vista protagonista assoluta nella sua metafisica bellezza del film di Marco Ferreri "Storia di Piera" (1983), girato quasi interamente nella città di cui il regista sembra aver colto l'essenza restituendone un'immagine ideologicamente emblematica nelle sue architetture del Ventennio con lo svettante obelisco littorio (nel parco)!, esaltata e trasfigurata dalla superba fotografia in una metafisica città del futuro. Una sequenza fu girata nell'atrio dell'ancora esistente vecchio ospedale, poi, adibito a scuola (Liceo Scientifico "G.B. Grassi"), con alcune comparse del luogo, con esse l'attrice Lina Bernardi (pure di Latina), in un piccolo ruolo. Conobbi le due protagoniste, spigolosa la Huppert, più disponibile e spiritosa la Schygulla, le chiesi che impressione avesse della città a percorrerla in bici. "Una città misteriosa anche in piena luce", sentenziò aforisticamente.”

Storia di Piera 1983 Marco Ferreri recensione 932x460

Una scena del film "Storia di Piera", girato a Latina (https://quinlan.it/2018/12/23/storia-di-piera/)

Mentre leggevo questo diario, personale e pubblico allo stesso tempo, non potevo non pensare che, infondo, è proprio questo che dovrebbe fare un intellettuale: dare il suo punto di vista rispetto alle cose (come il mito della caverna di Platone insegna, tanto per rimanere sul classico!). E nella mente mi frullava, continuamente, un concetto che poi ho ritrovato nel libro stesso. E così lo riporto come formulato dal Professor Maulucci, che sa esprimerlo certamente meglio di come farei io e che, penso, lo abbia posto a fondamento di tutta la sua narrazione:

“Come uomo di scuola e cittadino, oggi, mi trovo a dover constatare, in parallelo, i destini incrociati di due realtà - la città e la scuola - che in cinquant'anni hanno certamente cambiato il vestito, non del tutto l'anima. Entrambe, infatti, rischiano di rimanere avvitate su sé stesse, ancorate a una tradizione scolorita dal tempo, ancora alla ricerca di un autore che consenta ad esse, nate vive, di vivere. La scuola, però, equiparabile a un gran teatro, ha la risorsa degli insegnanti grazie ai quali può ravvivarsi (tornare a vivere) giorno dopo giorno poiché loro, come gli attori, non smettono mai di essere tali. Infatti, loro restano e resteranno sempre legati alle tavole del palcoscenico (la cattedra), al pubblico (gli alunni), sempre pronti a rinnovare lo stupore tra "letteratura" e realtà.”


SINOSSI

ConfessoAvereInsegnato

Il diario (quasi segreto) di un viandante sfrontato, impertinente, provocatorio. Un “gioco” con persone e personaggi di una città nuova, della scuola, del paese Italia. Un mettersi in gioco per capire se hai vinto o hai perso. Un’escursione della memoria tra il sentimentale, il razionale e l’immaginario. Quasi un romanzo. Catullo l’avrebbe detto nugae (sciocchezze).


CONFESSO DI AVERE INSEGNATO, Diario di un viandante tra scuola, cinema e teatro di Giorgio Maulucci è acquistabile nelle principali librerie di Latina e Provincia o direttamente dal sito dell'Editore, spedizione gratuita con Corriere, consegna in 3-4 giorni lavorativi.

https://www.atlantideditore.it/prodotto/confesso-di-avere-insegnato/

Grazie a Dario Petti e ad Atlantide Editore per la disponibilità nella realizzazione di questi articoli


da un'idea di Marco Mastroleo

per maggiori informazioni, contattaci su Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Questo sito utilizza cookies di raccolta dati, utilizzando i servizi si acconsente all'utilizzo delle tecnologie descritte nella Politica sui cookie per la raccolta di Dati personali e Dati non personali e la memorizzazione di informazioni sul vostro dispositivo o browser Web secondo le modalità descritte nella pagina dedicata.