Venere o madre

VENERE O MADRE?

di Marco Mastroleo

Clicca qui per l'articolo in PDF

   

Sommario

All’interno della Mostra Homo sapiens ed Habitat di S. Felice Circeo un posto di rilievo è dato alle “veneri paleolitiche”, una delle più antiche forme d’arte, tra le poche rappresentazioni antropomorfe della preistorica (spesso concentrata sulla fauna) da sempre associate solo all’homo sapiens. Queste statuine sono datate tra 40.000 e 12.000 anni BP, coincidenti con l’arrivo di Homo Sapiens in Europa. Rimarcano la volontà dell’uomo di utilizzare tempo e fatica per produrre qualcosa di non strettamente necessario alla sopravvivenza, segno di senso estetico, di volontà di rappresentare il mondo in modo simbolico oltre che una forma di esplorazione delle capacità delle mani e della mente. Oppure, secondo alcuni, rappresentano una forma di religione o di culto. 

Homo Sapiens è spesso ritenuta l’unica specie umana in grado di produrre arte, per via della riconosciuta capacità cognitiva di “astrazione”. Per questo motivo, appaiono rivoluzionarie o addirittura azzardate, le ipotesi di alcuni studiosi di attribuire alcune veneri anche ai Neanderthal.
Stilisticamente tutte le veneri sono rappresentate sempre con lo stessa schema: figure femminili con fianchi, seni e ventre molto pronunciati (spesso definite steatopigiche). Proprio per via di queste caratteristiche alcuni studiosi pensano che siano rappresentazioni di donne incinta. Se fosse così questa forma d’arte o di culto ci porta a riflettere su una caratteristica peculiare di Sapiens, piuttosto che su un suo punto debole: la difficoltà di venire al mondo. Il rischio di morire nascendo, nelle società preistoriche, era davvero molto elevato ed il parto aveva bisogno di assistenza e quindi di una comunità di sostegno per madre e figlio. Un momento che ha richiesto attenzioni quasi addirittura religiose.

Con l’evoluzione della società da caccia-raccolta ad agricola, anche il culto della madre/venere si è evoluto, le società antiche erano molto spesso matriarcali e quindi la donna era non solo una madre ma anche il punto di riferimento del gruppo familiare, per questo si è sviluppato un forte culto della Dea Madre che, volendo collegarlo ai giorni nostri, si è trasmesso fino alla religione Cristiana nel culto della Madonna.

Chiunque abbia visitato la Mostra Homo sapiens ed Habitat di S. Felice Circeo avrà notato che Marcello Zei, nel suo allestimento, ha voluto sottolineare la figura di quelle che normalmente si chiamano le “veneri paleolitiche”. Sono presenti intorno a un fuoco nella scena mista Sapiens-Neanderthal del dipinto dell’Evoluzione, c’è una teca con numerose copie e c’è una statuina neolitica nella stanza dell’ossidiana.

Perché questa figura è così importante? Innanzitutto perché si tratta di una delle più antiche forme d’arte della storia dell’uomo, in alcuni casi più antica dei dipinti murali. Poi perché, di solito (anche se questa cosa è oggetto di discussione) sono associate solo all’homo sapiens (ovvero a noi) e non ad altre specie umane. E, infine, perché sono tra le poche rappresentazioni antropomorfe ritrovate nei siti archeologici del Paleolitico, ovvero, di solito l’arte paleolitica si concentrava su animali e paesaggio, quasi mai sull’uomo, tranne che per le cosiddette “veneri” che, per altro, raffigurano donne.

Vediamo nel dettaglio i tre punti e cerchiamo di analizzarli per poi capire cosa sono e cosa rappresentano questa statuine.

Dicevamo che si tratta de la più antica forma d’arte della storia dell’uomo. Bisogna riflettere su due punti: l’arte e l’antichità.

Alcuni autori riconoscono in una pietra datata 230-800.000 anni BP (da oggi) proveniente da Berekhat Ram (Golan settentrionale, Israele) scoperta negli anni ’80 la più antica “venere paleolitica”. Questo significherebbe che la statuina in questione sia stata prodotta da homo Heidelberghensis o erectus. Nella maggior parte dei casi invece, le statuine provengono da un periodo compreso tra 40.000 e 12.000 anni BP, coincidenti con l’arrivo di Homo Sapiens in Europa. Ovvero, sarebbero una invenzione che sapiens ha portato con se dall’Africa. In ogni caso, prima di allora non erano state prodotte altre forme di scultura o lavorazione “ritrovabili” in contesti archeologici che testimoniassero una volontà dell’uomo di utilizzare tempo e fatica per produrre qualcosa di non strettamente necessario alla sopravvivenza, qualcosa di altro dal semplice mangiare-riprodursi-prosperare che la biologia ci impone.
Qui entra in gioco il termine “arte”, usato dagli archeologi per indicare appunto qualcosa di “bello” non strettamente utile. Il termine implica anche molto altro, come la ricerca del bello, un
senso estetico, una volontà di rappresentare il mondo, una forma di esplorazione delle capacità delle mani e della mente dell’uomo operata per il solo e semplice gusto di farlo … ovviamente, alcuni autori non concordano con questa interpretazione. Per molti si tratta dello “strumento” rappresentativo e simbolico di una qualche forma di religione o di culto. Non a caso, infatti, verrebbero sempre raffigurate solo delle donne e sempre con lo stesso schema stilistico. Questo è, in effetti IL punto su cui riflettere, e ci torneremo dopo aver affrontato gli altri due punti di unicità.

SAPIENS O ANCHE NEANDERTHAL?

Fino a non molti anni fa, le veneri erano sinonimo di Homo Sapiens, erano state ritrovate solo in contesti sapiens e erano associate sempre ad una forma di tecnologia di lavorazione della pietra (in molti casi l’unico mezzo che hanno a disposizione gli archeologi per datare un contesto archeologico) tipica di sapiens. Questo dava la possibilità di “classificare” sapiens come l’unica specie umana in grado di produrre arte, il tratto distintivo rispetto alle altre specie era quindi la sua capacità cognitiva di “astrazione”. Questa riflessione spiega molto bene tutto ciò che viene dopo, dall’estinzione di Neanderthal allo sviluppo di nuove tecniche e tecnologie prima e fino ad allora assenti. C’è però qualcuno che assegna delle statuine anche ai Neanderthal. In particolare questi autori riconoscono anche nelle fattezze del volto delle statue dei tratti Neanderthal. Ci sono molti punti critici da sbrogliare ma, se così fosse, si aprirebbe un nuovo e più approfondito filone di riflessione sul rapporto tra Sapiens e Neandethal: è neandethal che ha imparato l’arte da sapiens o viceversa? O l’hanno inventata insieme? Se è vero che Neanderthal produceva statuine femminili, si può affermare che avessero anche loro una forma di culto per una divinità femminile o …?

Insomma, come al solito, ogni volta che si prova a cambiare dei numeri che riguardano le date di un resto in preistoria si apre un mondo di riflessioni da approfondire, ed il motivo è legato a questa semplice regola: in Preistoria tutto è vero fino a prova contraria! Si tratta di una scienza che utilizza piccole o piccolissime tessere come indizi per ricostruire un puzzle di dimensioni enormi e le tessere, spesso, possono essere indizi fuorvianti.

Proprio sulla base di questa riflessione, in questo articolo preferiamo non entrare nel merito della questione, ci limitiamo a evidenziare quanto possa essere vasto il dibattito intorno a delle “semplici statuine di pietra”.

SOLO DONNE E STESSO SCHEMA RAPPRESENTATIVO

Resta però, di base, un dato inconfutabile, la cosiddetta prova certa … tutte le veneri sono rappresentate con lo stessa schema e, potremmo azzardare, con lo stesso stile: in piedi, testa braccia e gambe poco rifiniti o comunque privi di particolari naturalistici, forte attenzione verso gli organi sessuali primari e secondari. Le veneri hanno sempre i fianchi ed i seni molto pronunciati, spesso hanno il pube molto evidente e, soprattutto sono “steatopigiche”. Qualunque specie le abbia prodotte (anche se sono state prodotte da più specie contemporaneamente) l’idea che volevano trasferire era esattamente la stessa!

È bene soffermarsi su questo termine per capire bene di cosa stiamo parlando e, se possibile, di fare un passo avanti che ci permette di fare la nostra riflessione finale sul tema.

Per steatopigìa si intende il carattere di spiccata lordosi lombare di alcune costituzioni fisiche e la tendenza ad accumulare adipe sui glutei e sulle cosce. La steatopigia è tipica delle donne di alcune etnie africane come quella degli ottentotti o dei boscimani.” (http://it.wikipedia.org/wiki/Steatopigia)

Quindi, da vocabolario, si tratterebbe di una caratteristica genetica, eppure sfido chiunque a non aver mai visto nella sua vita una donna “steatopigica”! Proviamo a riflettere e ad osservare meglio queste statuine. Oltre ad avere i fianchi, i seni ed i glutei marcati hanno anche un discreto ventre. E, indovinate un po’, quando succede che una donna accumula adipe sui fianchi, ha i seni più grandi del solito e si vede spuntare una discreta pancia?

E se le Veneri, le divinità o, in generale queste affascinanti statuine di pietra non fossero altro che “semplicemente” incinta?

UNA INTERPRETAZIONE CHE METTE TUTTI D’ACCORDO:

Questa è una interpretazione torna spesso nella storia degli studi, a proposito di statuine di provenienze diverse. Bisogna ammettere che non sempre le statuine sembrano incinte ma, vera o meno a me questa teoria piace molto perché ci aiuta a riflettere su diversi argomenti riguardanti sapiens ed il rapporto con il mondo durante la preistoria.

Quanto è difficile venire al mondo!

Qual è il momento più difficile della vita di tutti gli uomini? Non sforziamoci a cercare risposte filosofiche, la risposta nella nostra società è sottovalutata ma in molte società anche attuali le statistiche lo chiariscono bene: la nascita!
Oggi, in caso di complicazioni si pratica il taglio cesareo ed i problemi sono risolti ma, nelle società preistoriche,
il rischio di morire nascendo era davvero molto elevato. Ne consegue che il parto, negli uomini (quasi solo negli uomini nel mondo animale), ha bisogno di assistenza e quindi di una comunità che possa unirsi a dare sostegno sia al cucciolo appena nato che alla madre.

Dal punto di vista evolutivo è un sistema insoddisfacente e pericoloso per madre e figlio. Il punto di riferimento per tutte queste peripezie e la persona che, alla fine dei conti, ha più bisogno di aiuto e assistenza, è proprio la madre, la madre incinta. Niente di strano quindi, e niente di meno biologico e naturale che le madri, in preistoria, abbiano goduto di attenzioni quasi addirittura religiose.

Nelle statuine, la rappresentazione mira ad evidenziare tutto tranne il volto della donna e le parti del corpo (quali braccia e gambe) non interessate all’atto della nascita. Il culto e l’attenzione erano rivolte a quell’elemento, come quando si va dal ginecologo per accertarsi che la gravidanza proceda bene!

Con l’evoluzione della società da caccia-raccolta ad agricola, anche il culto della madre si è evoluto. Ormai la donna/madre non rappresentava più solo il mezzo attraverso cui continuare la specie ma addirittura il punto di riferimento della comunità ed il simbolo stesso della fertilità. In una società agricola servono più mani e braccia per portare a casa il cibo rispetto ad una di caccia e raccolta e quindi la madre, il mezzo di produzione delle braccia diventava per assonanza l’elemento fondamentale per produrre le messi. Il momento stesso della nascita viene associato al ritorno della primavera e quindi del cibo e delle messi.

Le società antiche erano molto spesso matriarcali e quindi la donna era non solo una madre ma anche il punto di riferimento del gruppo familiare da cui la società era composta. Da questo concetto nasce e si evolve il culto della Dea Madre che vediamo rappresentato in Giunone Lucina, nella Mater Matuta e, a farci caso osservando bene lo stile con cui queste divinità vengono rappresentate (aureola e bambino in braccio) anche la Madonna stessa (che infatti si celebra a Maggio quando ritornano le messi).

Il discorso sarebbe davvero lungo e articolato, fiumi di inchiostro sono stati spesi intorno a questi temi, a noi basti sapere che tutto ha avuto origine lì, con le veneri preistoriche che ci ricordano quanto sia faticoso e rischioso nascere homo sapiens e quanto sia importante la comunità nella crescita dei bambini.

Per concludere, le veneri sarebbero state prodotte da sapiens per, in qualche modo, “sperare” che il momento tanto critico del parto venisse superato senza troppe complicazioni. Avendo il Neanderthal una testa tutto sommato più “parto-dinamica” della nostra, in teoria questa specie non avrebbe dovuto avere la necessità di “pregare” per il buon esito del parto. Se ha prodotto delle statuine di donne incinta, magari l’ha fatto per via dei rapporti di scambio (ormai appurati) con sapiens che gli hanno permesso di permutare qualche forma di culto, oppure anche loro avevano le loro difficoltà nel venire al mondo, difficile a dirsi. Fatto sta che questa teoria potrebbe mettere tutti gli autori d’accordo … almeno fino a prova contraria!

  • Visite: 194

da un'idea di Marco Mastroleo

per maggiori informazioni, contattaci su Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Questo sito utilizza cookies di raccolta dati, utilizzando i servizi si acconsente all'utilizzo delle tecnologie descritte nella Politica sui cookie per la raccolta di Dati personali e Dati non personali e la memorizzazione di informazioni sul vostro dispositivo o browser Web secondo le modalità descritte nella pagina dedicata.